Terminato il campionato di Serie A si è subito messa in moto la macchina del calciomercato con panchine che cambiano, giocatori che partono, non rinnovano o arrivano. Il tutto accomunato da un fattore, il denaro. La questione ingaggio ha portato allenatori e calciatori a prendere decisioni a volte impopolari, finendo nel mirino della critica per aver scelto il portafoglio al posto della propria ‘fede’ calcistica.
Serie A, quando il portafoglio fa la differenza
Quante volte c’è capitato di vedere giocatori baciare lo stemma di una maglia, rilasciare dichiarazioni di amore per una squadra, per poi la stagione successiva vederli giocare ed esultare per un club rivale? Il calcio è così e non c’è nulla di male ma, forse, in alcune occasioni, sarebbe preferibile portare maggiore rispetto ai tifosi.
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Non c’è nulla di male nel cambiare squadra, si tratta pur sempre del loro lavoro ed è normale che sia così. Giusto perseguire la propria ambizione e la volontà di crescere professionalmente. Sarebbe preferibile però gestire al meglio la comunicazione per non illudere i tifosi, evitando parole tipo “era il mio sogno sin da bambino…” o “non lascerò mai questo club”. Il rischio è di perdere credibilità agli occhi del pubblico e tradire la fiducia di chi pensava di aver trovato un nuovo beniamino.
Serie A, gli addii di Inzaghi e Donnarumma
Nelle ultime ore abbiamo assistito all’addio di Simone Inzaghi alla Lazio. Il tecnico, stando a quanto affermato dalla Lazio stessa, aveva deciso di proseguire la sua carriera alla guida del club biancoceleste, salvo poi ripensarci e cambiare idea, accettando la corte dell’Inter. Le parole d’amore del tecnico nei confronti del club biancoceleste ora sembrano essere svanite nel nulla con i tifosi che non hanno apprezzato il suo comportamento e la scelta di passare ai campioni d’Italia.
Situazione simile quella vissuta da Gianluigi Donnarumma al Milan. Il portiere classe 1999 ha da sempre affermato di essere un tifoso dei rossoneri e di voler proseguire la sua carriera quanto più a lungo possibile con il club meneghino. Gli 8 milioni di euro all’anno offerti dal Milan non bastavano per continuare questo sogno? A 22 anni erano davvero necessari 12 milioni a stagione per sentirsi veramente una bandiera di una squadra? Probabilmente no, ma il calcio è così e la frase “non esistono più le bandiere di una volta” sembra essere sempre più azzeccata.
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Allora il consiglio che ci permettiamo di dare a tutti i “professionisti del pallone” è quello di non dichiarare più amore verso un club con facilità estrema. Fare promesse in questo mondo rischia solo di illudere i tifosi. Evitare di dire bugie potrebbe essere un primo passo di rispetto verso la maglia che si indossa così come non baciare lo stemma. Piuttosto, il consiglio è quello di baciare il proprio portafoglio.
Enrico Camelio