Abbiamo raggiunto Valentina Brinis di Open Arms per parlare della tragedia di migranti accorsa dalla Libia con 57 morti.
Descrive così quanto accaduto: “Da quello che sappiamo questa è stata la prima strage di questa settimana e che ci fa pensare che seguiranno dei giorni molto complicati. Sappiamo per ora che hanno perso la vita 57 persone e questo è un numero comunicato e sappiamo che tra loro ci sono una ventina di donne e dei bambini. È stata una conferma arrivata anche dall’Onu che sta lavorando a Tripoli. È l’ennesima e dolorosa tragedia in una zona in cui ormai da anni questi fenomeni si verificano. Purtroppo per come stanno le cose non pensiamo che sarà l’ultima. Voglio ricordare che nei prossimi giorni si concluderà l’iter parlamentare rispetto al finanziamento delle emissioni internazionali da parte dell’Italia”.
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Va avanti poi “C’è stato un primo step alla Camera il 15 luglio e in questi giorni si passerà al Senato in questi giorni. Il finanziamento per la Missione in Libia che noi come Open Arms abbiamo criticato nella parte che riguarda alla “cosiddetta” guardia costiera libica. Si tratta ancora oggi di un corpo di cui non si sanno bene le intenzioni e da chi è composto oltre gli atteggiamenti che si verificano sono di non rispetto della dignità delle persone e delle convenzioni internazionali. Dall’inizio dell’anno purtroppo oltre 11mila persone sono state riportate in quel paese dove sanno tutti non ci sono assolutamente i diritti umani. Vorremmo che almeno nella discussione al Senato venisse ribadito di cosa si tratta quando si parla del ri-finanziamento a un corpo di questo genere”.
Cosa si può fare per non far accadere queste cose? Ecco le parole di Valentina Brinis: “Non c’è un’unica risposta, perché si tratta di un fenomeno complesso che riguarda moltissimi aspetti. Per quel che riguarda il nostro ruolo vorremmo che fossero presenti sul Mediterraneo più assetti per il soccorso. Nell’ultimo anno invece le organizzazioni umanitarie sono state ostacolate. Inoltre sono state fermate dal corpo della “cosiddetta” guardia costiera libica con minacce, spari. Rispondere in maniera emergenziale può essere quello di rafforzare degli assetti marittimi. Vorremmo che ci fosse un vero e proprio coordinamento europeo adatta a fare questo tipo di attività. Bisogna agire in un altro modo. Si deve prendere atto che le persone che sono in quel paese cercano in tutti i modi di andarsene, questo è un fatto da prendere in considerazione. Va bene il corridoio umanitario, ma questo deve essere uno strumento usato al massimo dalle sue possibilità”.
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Valentin a Brinis conclude: “C’è poi il fatto di capire qual è la vera situazione che le persone si trovano ora detenuti che sono ritenute nei campi libici. Non viene considerato che ci sono campi informali dove non c’è alcun tipo di monitoraggio e accesso. Nei campi riconosciuti c’è grande difficoltà da parte delle organizzazioni ad avere accesso. Sono dichiarazioni ufficiali fatte nelle settimane scorse. Si tratta di una situazione da affrontare a più livelli e con più strumenti. C’è sempre la cooperazione che ci può portare verso i paesi di origine. La rotta del Mediterraneo non è l’unica rotta battuta, ma ce ne sono anche altre in cui si contano dei numeri altissimi di perdita di vita. È una situazione che va vista in tutta la complessità e non solo soffermandosi sulla Libia. Noi come organizzazione diciamo sempre che noi ci saremo e il nostro ruolo sarà fondamentale fino a che non ci saranno le condizioni per cui la vita umana in quella tratta non venga tutelata.”
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