Durante la partita inaugurale dell’Iran ai Mondiali in Qatar, i giocatori non hanno intonato l’inno. Proteste ovunque.
Non finiscono i colpi di scena durante la competizione, che sta portando con sé una serie di polemiche. Sembra che di calcio si parli ben poco, anche perché in campo non sembrano esserci troppi spunti di cui poter discutere. Lasciano, invece, affascinati i discorsi in merito a tutto ciò che sta girando intorno a questo evento.
I punti di vista sono tanti e la divisione è molto forte, sul web e in ogni parte del mondo. Ognuno ha la sua da dire in merito: prima, sul tema dei diritti umani, poi, sulle date scelte per l’evento. Intorno a tutto ciò, però, ci sono alcune squadre partecipanti che non se la passano affatto bene a livello diplomatico, dentro e fuori i propri paesi.
Disquisire di tattiche e tecniche sembra realmente difficile con i Mondiali in Qatar. Di fatto, ci sono delle nazionali, come quella dell’Iran, che hanno preso parte alla competizione pur avendo dei dissidi interni ai propri paesi. Non si parla di semplici proteste o di alcune manifestazioni, dato che di mezzo ci sono morti e anche degli attacchi militari.
Eppure, la cronaca sportiva ci obbliga ad occuparci di calcio. Ma quello che c’è da dire è risaputo. Le squadre europee sembrano essere degli schiacciasassi, dato che il 6 a 2 rifilato dall’Inghilterra alla squadra guidata dal portoghese Queiroz, sembra essere una sentenza chiara. Già ieri, 20 novembre, il Qatar ha dimostrato tutte le debolezze delle squadre mediorientali. Oggi, però, c’è stata la conferma.
La partita si è svolta in un clima di tensione che si è manifestato già all’esterno dell’impianto di gioco. Proprio lì, il nome di Masha Amini, la curda di 22 anni uccisa dalla milizia iraniana, è stato urlato a squarciagola. Lei è il simbolo della protesta che ha portato all’uccisione di circa 400 manifestanti. Il regime iraniano di Ebrahim Raisi sembra esser messo alle corde dalla popolazione, ma non fa un passo indietro.
Inoltre, proprio oggi, ci sono stati dei raid partiti dalla milizia contro il Kurdistan iracheno, con un altro morto e dei feriti. In questo contesto, i giocatori della squadra si sono rifiutati di cantare l’inno della nazionale che rappresentano. Un atto di coraggio contro un potere capace di giustiziare i propri cittadini. Già il capitano della squadra, Ali Karimi, si era schierato apertamente coi manifestanti. La squadra lo ha seguito e anche i tifosi.
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